Un lungo e dettagliato ‘mea culpa’, su peccati come gli abusi sui minori commessi dal clero, ma anche su tanti altri peccati che riguardano tutta la Chiesa, e di cui si è voluto chiedere perdono alla vigilia dell’apertura del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità: dai peccati contro la pace, a quelli contro il creato, le popolazioni indigene e i migranti, da quelli contro le donne, i poveri e i giovani, a quelli sulla dottrina usata come “un cumulo di pietre morte da scagliare contro gli altri”. Questa è stata la veglia penitenziale presieduta stasera dal papa in San Pietro. “Ti chiediamo perdono per tutti i nostri peccati, aiutaci a restaurare il tuo volto che abbiamo sfigurato con la nostra infedeltà. Chiediamo perdono, provando vergogna, a chi è stato ferito dai nostri peccati”, ha detto Francesco alla fine dopo le richieste di perdono da lui scritte e pronunciate da 7 cardinali: “Donaci il coraggio di un sincero pentimento per un’autentica conversione”.
Tra le più dolorose – dopo le testimonianze di una persona abusata, di una colpita dalla guerra e di un’operatrice per i migranti – la richiesta di perdono per gli abusi del clero, pronunciata dal cardinale statunitense Sean O’Malley: “Quanta vergogna e dolore provo nel considerare soprattutto gli abusi sessuali compiuti su minori e persone vulnerabili, che hanno rubato l’innocenza e profanato la sacralità di chi è debole e indifeso. Chiedo perdono, provando vergogna, per tutte le volte che abbiamo usato la condizione del ministero ordinato e della vita consacrata per commettere questo terribile peccato, sentendoci al sicuro e protetti mentre approfittavamo diabolicamente dei piccoli e dei poveri”.
Il cardinale indiana Oswald Gracias ha pronunciato la richiesta di perdono “per il peccato di mancanza di coraggio, del coraggio necessario alla ricerca di pace tra i popoli e le nazioni” “Per fare la pace ci vuole coraggio – ha affermato -: per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza”. E “ancora più grave è il nostro peccato, se per giustificare la guerra e le discriminazioni, invochiamo il nome di Dio”. Il cardinale canadese Michael Czerny ha chiesto perdono “per quello che anche noi fedeli abbiamo fatto per trasformare il creato da giardino a deserto, manipolandolo a nostro piacimento; e per quanto non abbiamo fatto per impedirlo”. E per quanto riguarda i migranti. ha chiesto perdono “provando vergogna, per quando abbiamo preso e prendiamo parte alla globalizzazione dell’indifferenza di fronte alle tragedie che trasformano per tanti migranti le rotte del mare e i confini tra nazioni da via di speranza a via di morte. Il valore della persona è sempre superiore a quello del confine”. Gli altri ‘mea culpa’ sono stati recitati dai cardinali Kevin Joseph Farrell – per i peccati contro le donne (“non poche volte sfruttate, anche come consacrate”), la famiglia e i giovani -; Cristobal Lopez Romero, per i peccati contro la povertà; Victor Manuel Fernandez, per i peccati relativi alla dottrina; e Christoph Schonborn “per gli ostacoli che frapponiamo all’edificazione di una Chiesa veramente sinodale”.
A tirare le fila, nella sua riflessione finale, il Papa. “Come potremmo essere credibili nella missione se non riconosciamo i nostri errori e non ci chiniamo a curare le ferite che abbiamo provocato con i nostri peccati? – ha chiesto Francesco – La cura della ferita comincia confessando il peccato che abbiamo compiuto”. E “alla vigilia dell’inizio dell’Assemblea del Sinodo, la confessione è un’occasione per ristabilire fiducia nella Chiesa e nei suoi confronti, fiducia infranta dai nostri errori e peccati, e per cominciare a risanare le ferite che non smettono di sanguinare”.
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